Io penso che uno dei segreti per crescere intellettualmente e per progredire in tutti i campi della vita sia essere aperti al confronto. Il confronto rispettoso tra idee differenti è il sale della capacità dialogica, che distingue le menti elevate. Con il passare degli anni posso dire con un poco di presunzione di aver fatto tanti passi in avanti nell’ambito della comunicazione, e una recente pietra miliare del mio percorso è stata la formazione in CNV (la comunicazione non violenta, codificata dallo psicologo Marshall Rosemberg). Ricordo come tanti anni fa, in età giovanile, il mio approccio alle discussioni fosse caratterizzato dall’idea fissa che chiunque non la pensasse come me si trovasse inevitabilmente in una posizione di torto e che soprattutto il mio compito irrinunciabile consistesse nel convincere il mio interlocutore a cambiare senza esitazione idea, per arrivare a sposare entusiasticamente e senza alcun dubbio la Mia idea!!! Quanta acqua sotto i ponti è passata…. Proprio ieri sera, a margine di un trattamento, ho avuto la possibilità di confrontarmi con una persona davvero piacevole. Di questo mio paziente, di cui per ovvi motivi di privacy non diffondo alcuna informazione personale, mi pregio di avere la conoscenza, e in un certo senso la amicizia, da svariati anni, e posso senz’altro dire con convinzione che egli gode della mia più grande stima. Da persona intelligente e arguta quale è ieri mi ha posto una domanda molto rilevante, sapendo di toccare un argomento per me assai sensibile: “ Ma tu, Francesco, come misuri gli eventuali miglioramenti/cambiamenti dei tuoi pazienti???”. Di fronte a tale questione svariate volte nel corso degli anni ho avuto modo di riflettere e di trarre alcune conclusioni. Una delle prime è che i pazienti non hanno bisogno di consultare valutazioni numeriche per rendersi conto di un cambiamento avvenuto nel proprio corpo…...sono convinto che essi se ne rendano senz’altro conto, senza bisogno di alcun supporto valutativo esterno. Ma ecco che nonostante i miei progressi veri o presunti nell’arte dialogica, mi accorgevo man mano che proseguiva la chiacchierata che la mia voglia di convincere e di spostare le convinzioni del mio interlocutore iniziava ancora a crescere, quasi come in periodo adolescenziale. Allora ho iniziato invece a cercare di trarre insegnamenti e soprattutto di ascoltare davvero ciò che il mio simpatico paziente aveva da dirmi, fino ad arrivare a rendermi conto della utilità e della validità del suo pensiero: “se non puoi quantificare un miglioramento, il rischio è che esso non esista!!”. Vero ho pensato…..ma come fare andare d’accordo la mia idea di meravigliosa unicità dell’essere umano con una scala valutativa uguale per tutti? Ogni cambiamento, piccolo o grande che sia, è il risultato di una infinita serie di fattori, corporei e mentali, esogeni ed endogeni, ambientali e interiori. Ebbene questa apparente inconciliabilità tra le due visioni non può essere lasciata tale, poiché lo spirito che anima la mia visione e quella del mio paziente, anch’esso una figura sanitaria (piccolo particolare utile al racconto ma che nulla dice riguardo la sua identità…) è assolutamente comune, è quello di rendere un servizio utile alle persone. A questo punto voglio esprimere gratitudine nei confronti dell’occasione di riflessione che ho avuto ieri sera, perché è stata indubbiamente un altro sprone per rafforzare la mie idea e la mia volontà di rendere compatibili la visione più tradizionale di cura delle persone con quella in cui mi riconosco di più, definibile olistica, globale e non strettamente connessa al mondo misurabile. Purtroppo un possibile tranello in cui si rischia di incorrere è costituito dal non valutare come effettivamente esistente qualcosa che non sia misurabile da un punto di vista matematico/epidemiologico, ma che può essere toccato con mano dalla pura esperienza personale. Un altro rischio è pure quello di lasciarsi trasportare dall’intangibile e allontanarsi troppo dal mondo concreto. Che bello sarebbe se i due modi di affrontare la professione sanitaria si potenziassero a vicenda, se fossero due facce della stessa medaglia, che progressi si farebbero se ognuna delle due si impegnasse a sostenere l’altra. Sono tuttavia convinto che questa possibilità sia realizzabile, nel momento in cui si inizi a dialogare davvero, a prestare ascolto attento e rispettoso. Sicuramente c’è tanta strada da fare, ma in effetti posso dire con un filo di orgoglio che già ieri sera, in uno studio fisioterapico come ce ne sono tantissimi, si è iniziato a sgretolare un piccolo mattone del muro divisorio tra due mondi apparentemente inconciliabili.
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