In questo 2024 , o meglio nei suoi primissimi giorni, avevo quasi l’impressione di aver perso un po’ la voglia di scrivere e soprattutto di condividere, invece eccomi con una piccola pillola di riflessione, a questo punto la prima dell’anno!!! Nella mia fortunata seppur ancora giovane attività libero professionista (ultimi 2 anni di una carriera di fisioterapista lunga 20 anni….) ho avuto la buona sorte di imbattermi in tante persone motivate, intelligenti e dalle idee illuminate. Tra queste sono sicuramente da citare la dott.ssa Ornella Gallotti e il dott. Alessandro Capoccia dello studio Sicurezza Ambiente. Loro si occupano della sicurezza degli ambienti di lavoro, e soprattutto delle consulenze utili a creare le condizioni ideali affinché tal sicurezza sia realizzata e rispettata. Apparentemente il mio settore di lavoro e il loro sono distanti, o forse sembrano tali, almeno finché la mia professionalità non interviene su persone sulle quali gli effetti più o meno gravi di infortuni lavorativi agiscono. Ebbene, questa esperienza con il loro studio mi ha permesso di riflettere e ragionare sull’importanza della prevenzione, che passa assolutamente anche attraverso la realizzazione di condizioni lavorative fondate sul maggiore Benessere possibile dei lavoratori. Un fisioterapista secondo idea comune interviene nel momento in cui ormai il danno è fatto, quando l’incidente cioè è già avvenuto. Ma è possibile collaborare in maniera tale da poter limitare o addirittura evitare gli eventi nefasti per i lavoratori? Secondo me si…… La mia visione, sicuramente un po’ fuori dagli schemi, mi ha invogliato a sottoporre all’attenzione di diversi lavoratori una serie di consigli e di accortezze non semplicemente basate sulla prevenzione squisitamente fisica degli infortuni: tale capitolo, seppur di fondamentale rilevanza, rischia di essere incompleto. L’impostazione che ci ha trovato subito d’accordo è stata caratterizzata dall’idea di realizzare condizioni di lavoro non solo sicure, ma anche basate su un benessere di fondo, un benessere che faccia da base fondante della vita di ognuno di noi. Recentemente riflettevo su come il mio lavoro, centrato in buona parte anche sull’affrontare nodi di carattere psicosomatico, abbia un denominatore comune: la stragrande maggioranza delle persone mi parlano di malessere lavorativo, di sensazione di non essere apprezzato e valorizzato, di essere trattato come un numero e non come un essere umano. Questi risentiti, conditi tutti dalla richiesta di obiettivi sempre più impegnativi e posti “un po’ più in là…”, fanno da detonatore a una vasta gamma di sintomatologie fisiche che rallentano, diminuiscono e a volte bloccano l’efficienza lavorativa o la molto più importante capacità di vivere appieno la propria vita. Che fare quindi? La nostra ricetta è quella basata sulla costruzione di condizioni psicofisiche in grado di far fronte certamente alle avversità lavorative; un gran bel passo avanti è poi quello di coinvolgere anche chi si pone in posizioni direttive e organizzative: è necessario secondo me che queste figure realizzino che lavoratori più soddisfatti e più sereni realizzano innanzitutto una condizione eticamente più elevata, oltre a fornire un apporto di migliore qualità alla pratica lavorativa. Ecco che allora mi sono trovato a parlare, a provare e ad approfondire esercizi che hanno il grande pregio di unire l’attività fisica con quella mentale, vedasi i 5 Esercizi Tibetani, o l’osservazione del respiro, oppure ancora degli esercizi di comunicazione non violenta ( la CNV codificata dallo psicologo Marshall Rosemberg). Certamente la base di efficienza data dallo svolgimento di attività puramente fisiche è basilare, ma sempre ricordando che è a dir poco anacronistico voler scindere la sfera più corporea da quella mentale: corpo e mente sono un unicum inscindibile. Tutto ciò non è altro che un investimento che non può che portare ad effetti positivi, sicuramente non immediati, necessitanti di pratica e costanza, ma che promettono ottimi risultati. Ben vengano quindi delle sessioni in cui praticare questo tipo di attività, anche in orario lavorativo. Ben vengano dei momenti di introspezione in cui possano essere esposti i propri problemi, fisici e non solo. Lo svolgimento di pratiche quali quelle sopra citate, di cui ho esperienza diretta, e di molte altre su cui non ho preparazione specifica, ma di cui ammiro la grande utilità, possono davvero essere la chiave di volta per una svolta nel mondo del lavoro. Esse possono davvero costituire una “cassetta di attrezzi” da utilizzare quotidianamente per costruire condizioni lavorative vivibili e sostenibili. Chi dice che il proprio lavoro debba essere una condanna senza appello e una condizione disagevole da cui fuggire il prima possibile? Io sono convinto e anche speranzoso riguardo al fatto che questa impostazione non sia una voce nel deserto in ambito aziendale, ma che al contrario possa diffondersi e creare grandi connessioni tra persone lungimiranti, che hanno abbandonato la visione dell’uomo equivalente a una semplice macchina produttiva, e che invece sposano appieno la valorizzazione dell’unicità e delle specialità di questa meravigliosa creazione chiamata Essere Umano.
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